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Jack e Jill
Una storia d’amore contemporanea
   01 Feb 2024   |     Redazione   |     Margot Boccia   |     permalink   |      commenti
'Jack e Jill', testo scritto nel '98 dalla statunitense Jane Martin dopo il suo successo di 'Keely and Du'.
Jack e Jill sono due amici, due amanti, due sposati, due divorziati, due persone che si amano e si odiano follemente, che non riescono a fare a meno di sentirsi e al contempo di allontanarsi. Ci guidano attraverso una serie di accadimenti che si susseguono a distanza di anni, dal primo incontro, il primo flirt improntato su conversazioni effimere, superflue, eppure vive, colme di imbarazzo, allegria e interesse puro, andando incontro a eventi tipici, comuni, quasi stereotipati, presenti in ogni coppia. Avvenimenti che non sono altro che frutto dei propri timori, delle paure più intrinseche in ognuno di noi, che ci fanno prendere determinate scelte dettate da convinzioni spesso errate.

Jack e Jill si incontrano per caso e, dopo una serie di imbarazzanti conversazioni nate dalle inconvenienze sociali e dai timori relazionali, nasce a poco a poco un interesse che diventa sempre più forte, più preponderante, fino a giungere alla proposta matrimoniale nel bel mezzo di una discussione animata legata a scelte di vita che avrebbero messo in subbuglio e cambiato totalmente la relazione: andare dove lei avrebbe potuto continuare gli studi per la sua carriera o partire a miglia di distanza così che lui avrebbe potuto iniziare una nuova vita lavorativa e crescere a livello professionale?
Decisioni tanto grandi da mettere in crisi una relazione, in cui emerge totalmente quanto si è disposti ad andarsi incontro pur di non perdere l'altro, e quanto invece si decide di rispettare i propri bisogni e necessità, allontanandosi o addirittura chiudendo la relazione, seguendo ipropri sogni al di là della relazione. Una richiesta matrimoniale inattesa nel mezzo del litigio nasce da un fuoco di amore e di passione, alimentato al contempo dalla discordanza di caratteri, degli umori, delle proprie necessità e delle circostanze diverse che attraversano ognuno di loro.
Così che la scelta di dove andare è dettata dalla sorte del lancio di una piccola monetina.
La coppia matrimoniale precipita quindi in questa nuova vita che altro non è che la continuazione di quella precedente, dettata da aspettative, desideri, incomprensioni, ansie dovute alle circostanze di coppia, a ciò che apporta una 'relazione socialmente adeguata', con rispettivi 'mettere al mondo un figlio', 'avere una casa insieme', 'andare d’accordo su ogni cosa o quasi', condividere tutto: pensieri, oggetti, libri, letto, scelte, cercando di trovare in ognuno di queste un compromesso, con conseguente limitazione del proprio essere, della propria vita.
La coppia, in seguito al divorzio, continua a rincontrarsi in luoghi impensabili, e nonostante ci fosse un’immensa voglia di tornare insieme, si limita ad una notte di passione, piena di incertezze, desideri e paure. Il punto focale non è la loro incapacità di mantenere una relazione stabile, ma il concetto proprio di matrimonio, di relazione socialmente riconosciuta, accettata, che non è altro che un’istituzione strutturalmente sbagliata, che va oltre il concetto proprio di fiducia, di ascolto, di rapporto, di amore.


In scena Sebastiano Bottari e Carolina Leporatti diretti da Luca Spadaro, con una scenografia del tutto interessante e originale. Come in un teatro elisabettiano, come in una clinica sperimentale, ogni buio di scena comporta un cambiamento emotivo-temporale-circostanziale della storia, con scene senza soluzioni di continuità, quasi a formare un film.

Una pièce che affronta temi ricorrenti nelle nostre vite, nella nostra società, in cui grande è la paura di rimanere soli, forte è il desiderio di essere in due ma immensa è la volontà di mantenere le proprie ambizioni, di seguire il proprio benessere.
Salvaguardare l’armonia della coppia vorrà pur dire rinunciare a se stessi? E se invece vi fosse una comprensione e un’accettazione tale che andrebbe oltre le proprie aspettative sull’altro?
C’è chi lo chiama egoismo, e chi invece lo chiama semplicemente ‘sano individualismo’.


DOVE:
Alta Luce Teatro
Alzaia Naviglio Grande 190

27-28 gennaio 2024

Regia Luca Spadaro
Con Sebastiano Bottari e Carolina Leporatti
altaluceteatro, coppiamatrimoniale, milanoteatro, recitazione, teatro