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Earthbound
Ovvero la storia delle Camille
   01 Mag 2023   |     Redazione   |     Laura Casella   |     permalink   |      commenti
Una gigante capsula sferica, un esile alberello e Gaia, un’antropomorfa intelligenza artificiale.
E’ con questa combinazione di elementi che Marta Cuscunà configura il palcoscenico del Teatro Piccolo Strehler per portare in scena “Earthbound - Ovvero la storia delle Camille”: un immaginario fantascientifico che si ispira al saggio eco-femminista "Staying with the Trouble" di Donna Haraway.

Lo spettatore viene catapultato davanti a un utopico scenario futuro, nel quale, la sopravvivenza della specie e il risanamento di un ambiente tragicamente inquinato, sono resi possibili grazie ad un processo di ibridazione tra uomini, animali e natura. L’obiettivo di questa comunità di Camille (come vengono nominati gli abitanti di questo spazio) è infatti quello di “generare parentele, non bambini”; un principio che punta a creare legami di cura e non di sangue.

Attraverso i dialoghi tra questi pupazzi animatronici e Gaia, nel suo sistema dislocato di IA, il pubblico, definito dalle Camille come un gruppo di umani che si riuniscono in una sala per percepire maggiormente il senso di comunità, entra sempre più a conoscenza delle dinamiche di funzionamento di questo micro cosmo. I temi affrontati permettono, tuttavia, di riflettere su problematiche attuali come la crisi ambientale, la sovrappopolazione e il disinteresse dell’uomo nell’agire per controbattere l'inevitabile distruzione dell’ambiente e di se stesso, proponendoci anche una possibile soluzione: affrontare il pericolo entrando in contatto con le risorse esistenti e prendersene cura.

Curioso come, insinuato all’interno di un sistema di intelligenza tecnologico e sofisticato volto a migliorare in continuazione la capacità di servire e accompagnare gli Earthbound, venga comunque inserito l’elemento di debolezza tipico dell’essere umano; quasi come a richiamare il fatto che la nostra specie sia da sempre predisposta ad una sensibilità che non ci permetterà mai di generare qualcosa di totalmente impeccabile. Emerge infatti una sorta di "bug" del sistema di Gaia, un sogno, che rispecchia poi quello delle creature di questo pianeta, ossia quello della riproduzione e realizzazione al di fuori di sé.

Grande nota di riconoscimento va all’unica attrice che vediamo sul palco; Marta infatti da voce a tutti i personaggi interpretati nel racconto e contemporaneamente li anima tramite un sitema meccanico simile a quello usato per muovere i burattini. I giochi di ombre appositamente escogitati, ci permettono di dimenticare che, in fin dei conti, la rappresentazione è uno scambio di battute incalzante recitato da una sola persona.

Uno spettacolo alternativo, fresco che cattura la curiosità del pubblico dall’inizio alla fine, fornendo spunti di riflessione che, come in un processo di impollinazione, si insinuano nelle menti dei singoli con la speranza che possano fecondarle e crescere per poter maturare in una presa di posizione attiva nei confronti di un mondo in declino. Il linguaggio attuale utilizzato, infatti, permette di renderci conto che il futuro di cui si sta parlando non è più lontano di un domani.
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