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Pupo di Zucchero
Il dia de los muertos all'italiana
   21 Apr 2023   |     Redazione   |     Laura Casella   |     permalink   |      commenti
Nella sala di Studio Melato – Piccolo Teatro, è stato portato in scena "Pupo di Zucchero", spettacolo scritto e diretto da Emma Dante che interpreta con il suo linguaggio tutt’altro che convenzionale, un racconto tratto da “Lo cunto de li cunti” di Gianbattista Basile

La particolare narrazione degli eventi è composta da qualche dialogo in napoletano seicentesco e da una varietà di coreografie, canti, suoni, movimenti che si incastrano armonicamente nel flusso dell’esibizione, incantando lo spettatore che dall’inizio alla fine rimane quasi sconvolto da questo turbinoso susseguirsi di avvenimenti.

Come in Messico, il “Dia de los Muertos” è considerato come un giorno di allegria durante il quale ricordare gli antenati in rituali di festa, così, il 2 di Novembre, in alcune regioni del Sud Italia, oltre alla tradizionale visita al cimitero, era molto sentito celebrare l’occasione consumando una serie di dolci tipici accompagnati da alcuni regali per i più piccoli. Questo permetteva di mantenere forte il legame affettivo che c’era tra vivi e morti.

Sul palco troviamo quindi il protagonista, Carmine Maringola, un vecchio nzenziglio e spetecchiato, tutto intento ad impastare e modellare gli ingredienti necessari per creare questo pupo di zucchero con una gestualità che ricorda e rimanda ad una statuina del tipico presepe napoletano. Il dolce in elaborazione, è un impasto di forma antropomorfa. Carmine si lamenta di come questo non lieviti e nel mentre, ecco che i ricordi del passato invadono non solo la sua testa, ma fisicamente anche il palcoscenico. Vediamo così presentarsi uno alla volta tutti i familiari dell’uomo: le sorelle, i genitori, la zia, che vengono descritti e rievocati nelle loro situazioni più iconiche. Si arriva a contare 11 personaggi che, alternandosi tra loro, animano la rappresentazione in un vortice di scene ricche di simbolismi che meriterebbero un maggiore approfondimento.

Come i personaggi, anche la scenografia è dinamica e cambia in funzione del racconto sfruttando una moltitudine di oggetti portati in scena per essere manovrati in modi inconsueti prima di sparire dietro le quinte.

Il ritmo rimane incalzante fino a quando l’energia dei singoli attori viene placata dall’apparire delle sculture di Cesare Inzerillo; appesi come carni da macello, i personaggi, ora privi di ogni linfa vitale interrompono il sogno del protagonista, riportandolo all'attualità e realtà dei fatti.

Questo spettrale e suggestivo finale genera nel pubblico un silenzio di disorientamento che sfocia subito dopo in un fragoroso applauso di apprezzamento per il turbinio di emozioni scaturito nel tempo dell' esibizione.

Uno spettacolo quindi che affronta il delicatissimo tema della morte, lasciando una sensazione di mistero che varrebbe la pena indagare un po’ di più, forse proprio dentro noi stessi a costo di affrotnare nostalgici dolori.
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