Il 24 e 25 ottobre il Teatro Menotti ha accolto "Le Olimpiadi del ’36", lo spettacolo scritto da Federico Buffa, Emilio Russo, Paolo Frusca e Jvan Sica, prodotto da Tieffe Teatro. Sul palco, insieme a Buffa, il pianoforte di Alessandro Nidi, la fisarmonica di Nadio Marenco e la voce di Cecilia Gragnani, con i costumi firmati da Pamela Aicardi.
Con il suo inconfondibile stile narrativo, Federico Buffa trasforma i Giochi di Berlino del 1936 in un racconto vivo, capace di unire sport, storia e memoria collettiva. La narrazione si fa teatro e il teatro diventa cronaca emotiva di un’epoca segnata dalle ombre del nazismo e dalla luce di chi seppe, con un gesto atletico, ribellarsi alla retorica dell’odio.
Lo spettacolo racconta appunto le vicende legate alle Olimpiadi: Olimpiadi estremamente importantinon solo in ambito sportivo, ma anche per l'architettura, il cinema e la cultura di quegli anni.
Buffa quindi conduce il pubblico dentro uno dei capitoli più controversi della storia olimpica: quelle che Hitler e Goebbels volevano come le “loro Olimpiadi”, simbolo dell’apoteosi ariana, finirono per diventare invece un inno universale all’uguaglianza. Si pensi infatti che sul podio salirono atleti neri, un’ebrea vinse l’oro nella scherma, e Jesse Owens divenne leggenda con le sue quattro medaglie d’oro. Tutti questi atleti non gareggiavano solamente per una medaglia, ma per combattere delle battaglie di difficoltà sociali: per esempio, il celebre Jesse Owens fu in grado di scatenare nel tifo i suoi connazionali e non solo, gli stessi che però - uscito dallo stadio - lo allontaneranno in quanto non ariano. Lo spettacolo non si ferma al mito sportivo: attraverso parole, musica e immagini, Buffa ricostruisce anche le storie meno note — come quella del maratoneta coreano Sohn Ki-Chung, costretto a correre sotto la bandiera giapponese, vincitore dal cuore spezzato che sul podio non riuscì nemmeno ad alzare lo sguardo. La lotta sociale che emerge in questo caso è di dominazione: anche se di origini coreana, Sohn Ki-Chung viene premiato per il Giappone, che a quell'epoca non aveva solo un ruolo di "dominio geografico" ma di cancellazione dell'identità coreana.
E' evidente come, nonostante si parli di un evento lontano quasi 100 anni nel tempo, si possono comunque trarre numerose lezioni anche sul presente.
I vari intermezzi musicali aiutano a restituire l'atmosfera del tempo e a porre l'accento su determinati aspetti della narrazione. In scena, un luogo sospeso nel tempo, tra sogno e realtà, fa da cornice a questo racconto corale. Le note evocative di Nidi e Marenco accompagnano le parole di Buffa, mentre le immagini di Leni Riefenstahl, la regista del nazismo, scorrono come fantasmi di un passato che ancora interroga il presente.
Le Olimpiadi del ’36 non è soltanto uno spettacolo di narrazione: è un viaggio nella memoria, un atto di resistenza civile che ricorda come anche lo sport, nei momenti più bui della storia, possa farsi voce di libertà, dignità e umanità.
Per avere altre informazioni sullo spettacolo potete consultare il sito del Teatro Menotti, mentre noi... ci vediamo a Teatro!
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quando lo sport diventa Memoria