Al Teatro Strehler, dal 20 al 25 maggio, è andata in scena una delle sfide più ardue per qualsiasi regista: portare sul palco Anna Karenina, capolavoro immortale di Lev Tolstoj. Luca De Fusco, insieme al drammaturgo Gianni Garrera, affronta il gigante russo, offrendo una versione teatrale che cerca di valorizzare la complessità del testo originale.
A dominare la scena è Galatea Ranzi, che veste i panni della tormentata protagonista con un'intensità struggente. Anna è carne viva, dilaniata da un amore che l’allontana dalla famiglia, dalla società e infine da sé stessa. Accanto a lei, un cast affiatato e solido — tra cui Debora Bernardi, Francesco Biscione, Giacinto Palmarini e Stefano Santospago — contribuisce a costruire un affresco corale della Pietroburgo ottocentesca, con le sue nebbie morali e i suoi silenzi assordanti.
«Dove finisce l’amore, comincia l’odio» è la frase guida di questo allestimento. De Fusco non la usa come semplice slogan, ma come chiave interpretativa per leggere il percorso di Anna, stretta tra un matrimonio che le toglie l’aria e una passione che, anziché salvarla, la brucia viva. Il regista, fedele al suo stile, opta per una messa in scena cinematografica e incalzante, dove luci, musiche e movimenti si rincorrono come il treno che apre e chiude il destino della protagonista — lo stesso treno che nel romanzo è simbolo di fatalità e desiderio.
Il testo, pur adattato, conserva un'anima fortemente letteraria. La Russia di Tolstoj non è solo un’ambientazione, ma uno specchio deformante delle inquietudini contemporanee: l'esclusione sociale, la crisi dei ruoli, il desiderio che sovverte l’ordine. "Anna Karenina" è un viaggio tra i chiaroscuri dell’animo umano, che riesce a essere fedele al classico senza mai risultare polveroso. Un dramma senza tempo, messo in scena con rigore e passione.
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La potenza di Lev Tolstoj