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L'Avaro
In una società contemporanea
   23 Feb 2025   |     Redazione   |     Margot Boccia   |     permalink   |      commenti
Al Teatro Manzoni di Milano, dal 18 febbraio al 2 marzo 2025, va in scena "L'Avaro" di Molière, con Ugo Dighero nel ruolo di Arpagone, sotto la regia di Luigi Saravo.

Questa produzione offre una rilettura moderna del classico, ambientando la storia in un contesto contemporaneo. Gli attori sono avvolti in abiti anni Settanta, quasi mossi dai loro stessi vestiti, fanno selfie con i loro smartphone di ultima generazione e interagiscono con spot pubblicitari trasformati in madrigali.

Ugo Dighero, noto per le sue interpretazioni in opere di Stefano Benni e Dario Fo, affronta per la prima volta un classico nel ruolo di Arpagone. Nel cast figurano anche Mariangeles Torres, Fabio Barone, Stefano Dilauro, Cristian Giammarini, Paolo Li Volsi, Elisabetta Mazzullo, Rebecca Redaelli e lo stesso Luigi Saravo.

L'Avaro di Molière ruota attorno al conflitto tra denaro e sentimenti. Arpagone è disposto a sacrificare la felicità dei suoi figli pur di non fornire loro una dote, cercando invece di aumentare le proprie ricchezze attraverso i loro matrimoni.

La regia di Luigi Saravo enfatizza il contrasto tra una visione economica consumistica e una conservativa, mettendo in luce l'attualità dei temi trattati da Molière.

Questo allestimento ha debuttato nel 2023, prodotto dal Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Bolzano, ArtistiAssociati e Centro Teatrale Bresciano, riscuotendo successo in tutta Italia.

L'opera L'Avaro è stata rappresentata nel 1668, tra le più importanti commedie di Molière, affronta temi universali e ancora sorprendentemente paragonabile all’oggi del XX secoli. Come molti grandi ci insegnano, la storia non cambia mai, ma si ripete, e una grande opera non invecchia mai, rimane sempre attuale nonostante i secoli che ci separano da essa. Se nel Seicento l'ossessione per il denaro era legata alla figura del vecchio usuraio, oggi il discorso si sposta su un capitalismo sfrenato, la paura della crisi economica e l’ossessione per l’accumulo. Arpagone, con la sua ansia di controllo e il suo egoismo patologico, somiglia a tanti personaggi della nostra epoca: dai grandi speculatori finanziari ai "self-made men" che sacrificano tutto per il successo materiale.

Nella società contemporanea, dominata dal capitalismo e dall’individualismo, il desiderio di accumulare ricchezze spesso porta a un impoverimento delle relazioni umani. L’avidità non si manifesta sono nella figura del ricco inappagato, bensì anche nel consumismo sfrenato di chi misura il proprio valore in base alla quantità di possesso materiale detenuto.

Arpagone non è solo un vecchio tirchio, ma il simbolo di una mentalità ancora diffusa, soprattutto nel mondo del lavoro, in una società dominata da una logica produttivista, dove il profitto viene anteposto al benessere e le disuguaglianze economiche sono profondamente radicate. Il valore di una persona è spesso misurato più dalla produttività che dalla dignità, mentre l'accumulo di ricchezza prevale sulla condivisione e sulla giustizia sociale, lasciando che pochi ammassino enormi fortune mentre molti lottano per la sopravvivenza

In un'epoca di crisi finanziarie, inflazione e precarietà lavorativa, L'Avaro si rende critica alla paura della perdita economica. L’ossessione di Arpagone per la sua cassetta di denaro è come la paura di un bambino per la perdita del suo giocattolo; in più, alimentata da un sistema economico instabile, in una società dove il legame relazionale è sembra più labile, vano, distante dai propri valori, quell’oggetto diviene ragione di vita, amore disperato, felicità inappagata, aria per i propri polmoni.

L'Arpagone del XVII secolo, come l’uomo del XXI secolo, vive, nuota, si dirama, lotta in una società dove il denaro domina le relazioni umane: qual è il peso delle nostre paure? Quanto queste ci guidano verso traiettorie di valori illusori? Quanto siamo davvero consapevoli del peso del denaro in relazione al peso dell’amore?

In questa versione diretta da Luigi Saravo, la modernità è evidente non solo nella messinscena, ma anche nel modo in cui i personaggi sembrano rappresentare tic e manie del nostro tempo. La comunicazione digitale, il consumismo e l’avidità vengono enfatizzati attraverso costumi e musiche contemporanee, suggerendo un parallelo tra l’avidità di Arpagone e quella della società odierna, dove spesso il profitto prevale sulle relazioni umane.



LOCANDINA:
di Molière
Regia Luigi Saravo
Traduzione e adattamento Letizia Russo

e con Mariangeles Torres, Fabio Barone, Stefano Dilauro, Cristian Giammarini, Paolo Li Volsi, Carolina Leporatti, Rebecca Redaelli, Luigi Saravo

Musiche Paolo Silvestri
Costumi Lorenzo Russo Rainaldi
Scene Lorenzo Russo Rainaldi e Luigi Saravo
Movimenti coreografici Claudia Monti
Luci Aldo Mantovani

Durata: 150 min.
È incluso un intervallo.


- Margot Océane
lavaro, milanoteatro, moliere, teatromanzoni, ugodighero