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La concessione del telefono
Quando un equivoco scatena un effetto domino
   07 Feb 2024   |     Redazione   |     Laura Casella   |     permalink   |      commenti
Ancora una volta ospiti del teatro Piccolo Strehler di Milano siamo andate a vedere La concessione del telefono, racconto che il regista Giuseppe Dipasquale, insieme all’autore dell omonimo romanzo Andrea Camilleri, ha riadattato per essere rappresentato anche sul palco dei teatri.

La trama si presta molto bene alla forma espressiva drammaturgica e racconta di una serie di equivoci nati da una “semplice” richiesta da parte del protagonista Filippo Genuardi detto Pippo, ovvero quella di poter installare una linea telefonica che collegasse il suo magazzino alla casa del suocero.

Un'alternanza di dialoghi e personaggi che intervengono e interagiscono - spesso animatamente - tra loro descrive la complessità degli intrecci che si sono creati a partire da questa richiesta, svelando sempre più dettagli chiave alla comprensione logica del tutto. Per di più, gli attori scelgono di rimanere fedeli alla lingua del territorio e recitano parlando in dialetto siciliano, ciò rallenta ai non intenditori l’immediata percezione del significato delle parole.

Per coloro che non conoscono già la vicenda narrata, risulta quindi difficile mantenere il focus dell’attenzione per due ore consecutive, rischiando di perdersi dei punti importanti alla risoluzione del nodo della storia.

La rappresentazione si avvicina ad uno stile teatrale che possiamo definire tradizionale, dove un amore impossibile tra personaggi che non possono manifestarlo alla luce del sole va a coinvolgere e intaccare ambiti talvolta pericolosi, in questo caso i giri mafiosi della Sicilia di fine Ottocento.

Interessante come vengano inseriti giochi di ombre a visualizzare le scene più private, come quelle legate alla sfera più intima dei personaggi o a flashback che sbloccano collegamenti strategici alla composizione del disegno finale.

Al termine dello spettacolo, si innesca il pensiero di come il titolo della storia, possa creare un rimando al classico gioco del telefono senza filo, nel quale da una frase di partenza, sussurrata a catena nell'orecchio della persona a fianco si spera che arrivi all'ultimo partecipante senza che subisca nessuna storpiatura.

E quando un arcobaleno di costumi raccoglie i fragorosi applausi del pubblico, ci allontaniamo dalla platea con l’idea di consigliare ai futuri spettatori di imparare il dialetto siciliano.
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