IN RIPRODUZIONE

DA WEBCAM

ASCOLTACI!

LICENZA SIAE 202200000075 | LICENZA SCF 937/14 | C.F. 97703440152

© 2008-2024 POLI.RADIO | TUTTI I DIRITTI RISERVATI | Iniziativa realizzata con il contributo del POLITECNICO DI MILANO

Nascondi dock Mostra dock

Very Long Song Artist

Very Long Song Title

Tre storie da dietro le quinte
Una redazionista, uno speaker e un tecnico di regia con un Sanremo in comune
   16 Feb 2017   |     Redazione   |     Alessandra Stefanini   |     permalink   |      commenti
La redazionista

Sin dall’inizio si prospettavano sei giorni impegnativi: la partenza subito dopo un esame, durante il viaggio mandare mail e messaggi ai manager degli artisti per riuscire a fissare interviste (che difficilmente vengono concesse perché, a detta dei nostri vicini in sala stampa, quasi tutti le hanno fissate tre settimane prima, ma come?!), la paura di non essere all’altezza.

Abbiamo avuto ritmi a dir poco frenetici: le corse a prendere gli accrediti, l’arrivo nella sala stampa Lucio Dalla, riservata a testate radio, tv e web e si inizia subito con la prima serata del Festival, tweet e instagram stories da tenere in costante aggiornamento, articoli da scrivere in tempo record. L’attenzione deve essere a mille per poter cogliere l’attimo e non è facile.

Uno dei momenti più attesi per quanto mi riguarda, per poter incontrare da vicino gli artisti e vedere la loro riconoscenza, percepire i loro sogni e speranze e capire che sono umani come noi. Il tempo per mangiare è poco, il take – away o la consegna direttamente in sala stampa (“Pizza per Philip!”) sono la soluzione migliore. Dopo cena ci consegnano la scaletta della serata e si inizia subito con la diretta della gara.

Sanremo significa mettersi in gioco, sperimentare cose che non hai mai fatto, rischiare di sbagliare (e, a volte, sbagliare davvero). Ma pensare alla fortuna che si ha a vivere questa esperienza, spinge a concentrarsi e a superare la paura. Il momento più emozionante è stato quello in cui il maestro Peppe Vessicchio è venuto a trovarci. Ha voluto sottolineare il fatto che la semplicità delle nostre web radio è la nostra bellezza: secondo lui non siamo “corrotti” come gli altri e ci ha fatto l’augurio di riuscire a portare avanti un ideale condiviso e raggiungere tutti gli obbiettivi prefissati. Si prospettavano giorni impegnativi ma, secondo me, con il lavoro di squadra, il team di POLI.RADIO ha superato la prova, coinvolgendo i nostri ascoltatori e seguaci e attirandone di nuovi.

Sanremo vuol dire anche ricevere conferme: è stato un viaggio che rifarei in questo momento, semplicemente perché ho fatto ciò che mi piace fare e ne ho avuto la certezza quando, dopo la finale, sono crollata nel letto stanca ma felice. Tutti dicono che Milano sia una della città più caotiche, dove tutto corre e nessuno ha tempo da perdere per una pausa. Posso assicurare che dopo questa esperienza sanremese, ho trovato la mia Milano silenziosa, calma e tranquilla.

Eleonora Ferritto

Lo speaker

Quando si tratta di stilare un bilancio di un’esperienza così importante e formativa, è sempre difficile essere sintetici.

Personalmente è il secondo Festival di Sanremo che seguo e mi sono già trovato ad essere il veterano, dato che è anche cambiata l’intera squadra: ho avuto proprio un déjà vu con l’Eurovision Song Contest del 2015, quando a Vienna mi sono trovato di fronte all’intero evento in solitaria per gran parte del primo giorno, poi, come le biglie di un abaco, gli altri sono arrivati i giorni seguenti.

Tuttavia, la scelta di essere sceso a Sanremo prima di tutti si è rivelata decisamente fortunata: ero completamente ignaro di cosa sarebbe successo al di là dell’impazienza per ritirare il pass in Casa Sanremo e l’euforia nel dover pianificare l’intera settimana.

Appena messo piede nella “Lucio Dalla”, come si suol dire in riferimento alla nostra sala stampa per web, radio e TV, vengo catapultato nell’atmosfera calda e frizzante della conferenza stampa di Carlo Conti e di Maria De Filippi. Qualche minuto dopo finisce la conferenza e via all’attesissima estrazione dei biglietti per la serata del mercoledì del Festival di Sanremo: non ci ho pensato due volte, mi iscrivo.

Perché no? L’anno scorso ho visto poca roba, questa volta potrebbe anche andare bene!

Numero 51: POLI.RADIO! Volo al bancone a dare i documenti per l’evento italiano dell’anno. Incredibile. Partono insulti e “che botta di c**o” nei miei dintorni, ma mi siedo soddisfatto.

Tra una pizza e un sushi annunciati a microfono durante la prima serata, tanto da guadagnare la standing ovation ignorante, arriva la serata dell’Ariston, rigorosamente in papillon, bretelle e abito, una cosa che accade una volta ogni 25 anni.

Nemmeno ventiquattro ore dopo e Bianca Chiriatti, una delle colleghe dall’altra parte della sala stampa, esordisce con un: “Phil, ci vediamo stasera al DopoFestival?”. Non sapevo che quel giorno estraevano i biglietti anche per quell’evento. Casco giù dal pero con frattura al coccige, ma con somma gioia. Le lacrime dal ridere, ne è valsa veramente la pena.

Infine, mentre Camihawke era alla ricerca di Beppe Vessicchio, alle 3.40 del mattino me lo trovo passeggiare tranquillamente davanti a noi dinnanzi al PalaFiori.

Scusi, Maestro, le va una foto assieme?
E il resto entra nella storia.

Botte di fortuna a parte, bisogna andare almeno una volta nella vita a vivere un’esperienza del genere, in cui si comprende fino in fondo l’organizzazione di un evento così straordinario e si riesce a giudicare con occhio più critico ciò che abbiamo visto sempre da lontano, come quasi intoccabile: basti pensare all’andirivieni di cantanti, artisti, presentatori, che sono proprio esseri umani come noi.

La ciliegina sulla torta resta sempre la squadra: senza di quella, non si va mai da nessuna parte. Punto. Namasté!

Philip Michael Grasselli

Il tecnico di regia

Se sei a Sanremo, se vivi le strade, la sala stampa, i palchi, le lounge, i backstage e tutti i rumors del caso che solo se sei in città puoi assorbire, di solito sui vincitori ci azzecchi sempre, al secondo giorno.

Quando arrivi a Sanremo con degli schemi mentali e musicali, costruiti negli anni di sala stampa e di backstage, e poi a metà festival non ci capisci più niente, allora qualcosa sta davvero cambiando.

E di base le dinamiche e le politiche sono sempre quelle, c'è poco da fare: la musica fa mercato, se vinci Sanremo vai a Eurovision, se vinci Eurovision la tua TV di stato (che poi è quella che fa Sanremo) si accolla il prossimo Eurovision e arrivano soldi a destra e manca, da su e giù, dal canone e dall'EBU (che si legge ebiù).

Se però ti distacchi un attimo da queste dinamiche, che sono reali e non complottistiche, allora quest'esperienza diventa magica (e frustrante allo stesso tempo): come lo definiscono tutti e anche Maria (De Filippi, ndr) durante la conferenza del mezzogiorno (conferenza stampa finale della domenica, ndr), Sanremo è un frullatore.

Quando entri nel frullatore sai cosa ci metti ma non sai cosa ne uscirà, cosa ci trovi, né la consistenza, né il colore, né il gusto (o forse quello sì, te lo puoi più o meno immaginare).

Quello che ti lascia questa pappetta frullata è un sorriso bello ma di quelli a metà, di quelli che sei soddisfatto ma hai già nostalgia, perché il frullatore toglie ma soprattutto dà: dà nuova vita e nuove emozioni, ma racchiuse in una sola settimana, una settimana che ti toglie il sonno ma anche gli incubi di dosso.

Se devo contare i festival totali di POLI.RADIO arrivo a quattro: due passati a Milano, a far regia da solo fino a notte fonda mentre i ragazzi erano in onda dal Palafiori, gli ultimi due invece vissuti in sala stampa, nei momenti liberi dal lavoro, che invece mi vedeva sul palco di Casa Sanremo con gli artisti in gara.

Un mio maestro una volta mi disse: segui gli ultimi arrivati ed osservali, loro avranno il tuo supporto e tu sentirai addosso la freschezza delle loro idee. Ma lasciali fare, perché devi fidarti del nuovo che arriva, finché ne avrai la fortuna.

Così ogni giorno, finite le mie dieci ore di lavoro no-stop tra palco e backstage, ho fatto una doccia, messo camicia e giacca, e raggiunto i ragazzi in sala stampa.

Si parte dal basso, sempre, per crescere insieme bene e professionalmente. Ho visto una squadra formarsi, capirsi, mettere insieme le forze e portare a casa i più bei risultati. Andare via di casa e dalla radio fa anche questo, vivere un'esperienza insieme giorno e notte fa anche questo, Sanremo fa anche questo. Tutto questo basta per capire che, come direbbe Checco (non dei Modà), e secondo me ci avrebbe vinto anche il festival, "siamo una squadra fortissimi”.

Emanuele Campagnolo
polisanremo, raccontando sanremo, sanremo, sanremo 2017, tutticantanoasanremo