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Aspromonte: la terra degli ultimi
Un tentativo di riscatto.
   01 Nov 2019   |     Redazione   |     Fabiola Papini   |     permalink   |      commenti
Aspromonte: la terra degli ultimi è una favola western in grado di dare memoria ad un’Italia che, seppur povera, è animata da una gran voglia di ricostruirsi. Il film, al cinema dal 21 Novembre e prodotto da Italian International Film con Rai Cinema, è ispirato ad una storia vera: quella degli abitanti di Africo Vecchio, un piccolo paese in provincia di Reggio Calabria, sede di una rivoluzione negli anni ‘50.

“Questo film è dedicato alla gente di Calabria” è la frase con cui si apre la pellicola. Ci troviamo nel Mezzogiorno del dopo guerra e ad Africo non c’è luce elettrica, non c’è acqua corrente, non c’è un medico, non c’è una strada. Molti sono emigrati oltreoceano, ma quei pochi rimasti vogliono fare qualcosa per rivendicare i loro diritti. Decidono così di andare a Marina, la città limitrofa, per chiedere al prefetto il trasferimento di un medico in paese. Durante il cammino, la loro rabbia viene scandita dal coro “Noi non siamo bestie” e, giunti a destinazione, ottengono una carta scritta come attestazione di richiesta ufficiale.
Con il passare del tempo, però, nulla si risolve e un’abitante perde la vita per assenza di cure mediche: l’unica soluzione per gli africoti sembra essere armarsi di pale e picconi e costruirsi da soli una strada con la speranza di raggiungere il medico di Marina più velocemente e di aprirsi un sentiero verso il futuro. Tuttavia questa decisione scatenerà una serie di reazioni avverse da parte delle autorità e del bandito del posto, Don Totò, che, nel tentativo di mantenere immutata l’identità del luogo, non si accorgono di come questo si stia trasformando in una prigione.
La possibilità di un futuro migliore viene presentata ai bambini del paese anche dalla nuova maestra, da poco trasferitasi dal Nord Italia. Sarà proprio lei a far viaggiare con l’immaginazione i suoi allievi grazie al mappamondo e a rispondere a quelle domande scomode di cui in paese non si parla mai perché poi “chissà cosa si pensa”.
Per Africo ha così inizio un periodo turbolento di cambiamenti.

A dar voce e aspetto alla storia c’è un cast vincente composto da: Valeria Bruni Tedeschi (vincitrice di quattro David di Donatello come Migliore Attrice Protagonista in La seconda volta, La parola amore esiste, Il capitale umano e La pazza gioia), Marcello Fonte (vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes come Migliore Attore in Dogman), Francesco Colella (interprete della serie Zero zero zero di Sollima), Marco Leonardi (Salvatore in Nuovo cinema paradiso di Giuseppe Tornatore, Diego Armando Maradona in Maradona – La mano de Dios di Marco Risi) e con la partecipazione di Sergio Rubini (regista e attore in molti film a partire da quello rivelazione La Stazione).

Una storia coinvolgente in grado di rappresentare un’Italia antica legata alla terra. Il regista, Mimmo Calopresti, è originario di Polistena, in provincia di Reggio Calabria, e con questo film ha avuto occasione di tornare ai luoghi della sua infanzia, in cui fondamentalmente “non manca niente: c’è il mare, la montagna e il silenzio” come dice Marcello Fonte.
Il protagonista è un Sud dimenticato e affidato alla generosità delle persone, uno scenario storico ma attualizzabile nel suo richiamo metaforico a tutti quei luoghi che oggi sono dimenticati e abbandonati a loro stessi. Lo stesso Mimmo Calopresti afferma:

“Il Sud è da sempre luogo geografico e luogo dell’anima. Inferno e paradiso, cronaca e favola. Così è questo film. Africo è in Europa, e ci ricorda cosa, solo un secolo fa, poteva essere la nostra terra, ma in quanto Sud assomiglia nei suoi sogni e nelle sue sconfitte, più che al nostro continente, a tutti i luoghi ai margini del mondo. Ancora vivi, ancora presenti, ancora disperatamente alla ricerca di un futuro, alle porte dell’Europa”.
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