A Milano arriva la mostra del pittore italiano Giuseppe Pellizza, dal 26 settembre 2025 al 25 gennaio 2026, presso la Galleria d’Arte Moderna.
Il percorso si articola in diverse sale, ognuna delle quali ripercorre un periodo artistico di Pellizza. La prima attraversa il suo periodo da studente: la fanno da padrone ritratti, studio di figure, tecnicità; dalla seconda invece comincia ad affiorare la sua personalità.
Il biennio 1892-1894 è quello dedicato alla sperimentazione sui grandi formati. I protagonisti delle tele sono paesaggi naturali e figure, come si vede in Sul Fienile oppure in Speranze deluse. Sperimenta anche con la tecnica: come Segantini, suo contemporaneo, si cimenta nel divisionismo e ciò risulta evidente soprattutto dalla stesura del colore (punti, virgole, pennellate filamentose) e dall’utilizzo di colori puri, non mescolati sulla tavolozza.
La terza sala copre l’arco temporale che va dal 1895 al 1901, periodo durante il quale Pellizza esplora il simbolismo. Le tecniche appena sperimentate gli diedero la capacità di creare atmosfere ideali, con luci intense, perfette per penetrare l’essenzialità dei soggetti. Comincia allora questo percorso ispirato dalla ricerca di temi come la vita e la morte, l’amore, l’uomo e la natura, che spera di scovare negli elementi che dipinge, come se avesse un bisturi tra le mani.
Nella quarta sala, un quadro che cattura sicuramente l’occhio è Il Sole. L’intento dietro quest’opera è quello di voler ritrarre - come lui stesso scriverà in una lettera all’amico Occhini - “la bella natura che assorbe l’uomo e lo annienta per campeggiare essa stessa sfolgorando la sua immortale bellezza…”. Per adempiere a questa missione si cimenterà in un’impresa non da poco: ogni giorno, prima dell’alba, per diverse stagioni, si recherà sopra un colle ad osservare il sorgere del sole e catturare ogni raggio di luce che avrebbe poi riportato su tela in atelier. Il risultato fu questo dipinto sorprendente, che quasi ti spinge a socchiudere gli occhi per la troppa luce.
Dulcis in fundo, salendo al primo piano si trova la sala dedicata a Il quarto stato, capolavoro e opera più conosciuta di Pellizza da Volpedo, realizzata tra il 1868 e il 1907. Oltre ad essere un dipinto simbolico è indubbiamente imponente, date le sue dimensioni di circa 293x545 cm. Con questo, Pellizza intende farsi portavoce degli animi dell’Italia della fine dell’Ottocento; più specificatamente delle classi operaie. Infatti Il quarto stato vede come protagonisti dei lavoratori del suo paese natale in protesta, ritratti frontalmente mentre avanzano compatti. Dal dipinto traspare quindi la loro forza di coesione e la volontà di marciare verso un futuro in cui il lavoro riacquista dignità. Come un fiume in piena (infatti, una delle versioni precedenti era stata nominata proprio Fiumana) i personaggi si riversano sulle strade di Volpedo e in primo piano, quello che nella realtà è Clemente Bidone, guarda fisso negli occhi lo spettatore attraverso la tela.
Oltre al valore sociale del quadro, vi riconosciamo anche la sapienza della tecnica utilizzata, ovvero il divisionismo. Un’opera da osservare da vicino per catturare le singole pennellate che si uniranno poi, come per magia, nell’occhio dello spettatore che si allontanerà dalla tela. Un dipinto coraggioso, figlio dei suoi tempi, che non vi deluderà.
Uscendo dalla mostra resta la sensazione di aver camminato accanto a Pellizza: tra i suoi studi, i mille tentativi e le luci che rincorreva. I suoi capolavori non sono solo opere da osservare, ma domande che ancora oggi ci interrogano, perciò vi invitiamo calorosamente a vederli dal vivo. Per saperne di più e conoscere gli orari in cui farlo visitate il sito della Galleria d’Arte Moderna.
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Pellizza da Volpedo alla Galleria d’Arte Moderna