Dopo 3 anni dal loro primo concerto, sono tornato all’Alcatraz per vedere La Sad. Nel frattempo il mondo intorno è cambiato del tutto: quelli che per una parte non indifferente della scena erano tre tossici scappati di casa che facevano musica cringe, ora sono un progetto musicale rodato che riesce ad avere una sua dignità anche in contesti più istituzionalizzati come Sanremo.
Ma torniamo al 2022, perché l’atmosfera era del tutto diversa.
Il pubblico era lì per la prima volta dopo le release di alcuni dei pezzi che avrebbero composto il primo disco "Sto nella SAD". Volevano fare casino, fumavano dentro come nei primi concerti di Vasco, e il palco era un caos clamoroso: canzoni interrotte, confessioni a cuore aperto, bestemmie con l’autotune per richiamare il pubblico. Era un contesto in cui tutto era possibile, purché fosse punx.
In questi anni Theø, Fiks e Plant sono cresciuti, e non solo in termini di tecnica musicale, ma non posso fare a meno di chiedermi: essere punk è qualcosa che puoi mantenere crescendo, o è un’attitudine che cambia con l’età?
Tre anni fa il loro live era il manifesto del casino. Ora, invece, La Sad ha un controllo totale della scena. Hanno imparato a suonare sul serio, tengono il palco con più consapevolezza e più lucidità, si fanno prendere meno dall'euforia del momento. Persino il pubblico sembra diverso, era la prima volta che vedevo famiglie con bambini ad un concerto emo, punk o trap e l’atmosfera era molto più emotiva che di sfogo.
La struttura del concerto riflette questa evoluzione. Certo, c’era ancora una forma di ribellione nei confronti di certi schemi percepiti come imposti, come il lancio di cartine e preservativi dal palco, gli insulti a Salvini, e i rutti nel micrfono, ma c’è anche spazio per momenti di connessione vera. Quando Giulia, una fan scelta dal pubblico, è salita sul palco a cantare “SUMMERSAD 3”, sembrava che tutto l'Alcatraz fosse lì con lei.
Il concerto è stato bello ed è stato costruito meglio, è innegabile, ma mentre uscivo dall’Alcatraz mi sono ritrovato a pensare a quanto siano cambiati loro, il loro pubblico, e forse anche io. Essere punk non è solo un sound o un’estetica, è un modo di percepire e di muoversi nel mondo. Ma crescere significa anche imparare, migliorarsi, costruire, in qualche modo forse anche sedersi. E allora mi chiedo: si può rimanere punk mentre impari a essere migliore?
Forse sì, forse no. Forse è questo il punto: LA SAD a oggi non è meno punk, è solo diversa. Non è più il pogo senza senso che mi ha fatto finire per terra tre volte in un'ora, non è la trasgressione fine a se stessa, ma forse è punk in un elemento che in tanti contesti di oggi manca: nell’inclusività. Non penso sia un modo di ripulirsi davanti ad un pubblico più grande, ma più che altro l'accetazione di essere cresciuti ed essere - in qualche modo - più risolti.
"Kindness is punk" diceva una maglietta che ho comprato qualche anno fa.
Mi sento ancora di confermare.