Sergio Rubini riesce a dare nuova luce al capolavoro di Stevenson «Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde», rendendo più attuale di quanto già sia il tema centrale del romanzo: la scissione dell’io e le pulsioni dell’«Ombra», la parte irrazionale che risiede in ognuno di noi, nominata così dal dottor Jekyll.
La nota vicenda, che ha come sfondo una cupa e tetra Londra, segue l’avvocato Utterson, interpretato da Geno Diana, nel tentativo di svelare il mistero legato al dottor Jekyll (Daniele Russo) e al signor Hyde, un oscuro personaggio al quale Jekyll ha intestato il proprio patrimonio in caso di morte. Questo fatto desta i sospetti di Utterson, che inizia a collegare i comportamenti sempre più strani di Jekyll con le azioni riprovevoli di Hyde.
Quando Mr. Hyde viene accusato dell’omicidio del farmacista Danvers Carew, Utterson incontra Jekyll, il quale gli consegna una lettera firmata da Hyde in cui afferma che nessuno lo troverà più. Tuttavia, il mistero si infittisce poiché la scrittura risulta essere quella di Jekyll stesso. La morte improvvisa dell’amico e dottore Lanyon spinge Utterson a voler fare chiarezza, fino a quando, preoccupato dalle condizioni di Jekyll dal suo domestico, decide di entrare nel suo laboratorio.
Qui viene svelata la verità: Hyde non è altro che una manifestazione dell’ombra di Jekyll, il lato oscuro e represso della sua personalità. Hyde, incapace di coesistere con Jekyll, lo conduce a un gesto estremo: il suicidio.
Questo finale spinge lo spettatore a riflettere sul rapporto con la propria parte irrazionale e sull’eterno conflitto tra ragione e pulsione. È davvero possibile convivere con il proprio lato oscuro?
Un ultimo elogio va alla scenografia e alla colonna sonora, che riescono a creare un’atmosfera al tempo stesso inquietante e magnetica, avvolgendo il pubblico in un’esperienza teatrale unica.
Il caso Jekyll
L'eterna lotta tra luce e ombra