In Triennale si è celebrato uno degli eventi più intensi e significativi dell’attuale stagione culturale milanese: un omaggio a Silvano Bussotti, figura centrale del Novecento musicale e artista “totale”, capace di attraversare e fondere musica, letteratura, regia, scenografia e costume in un’espressione poliedrica e rivoluzionaria.
La mattinata, organizzata con il supporto della Fondazione Ricordi e Casa Antonelli, è nata dall’incontro quasi casuale – come spesso accade alle cose più autentiche – tra l’archivio storico della Triennale e la curiosità di Carlo Antonelli. Proprio da una visita fra le carte d’archivio è scoccato quel “clic” che ha dato il via al progetto: la scoperta di una straordinaria partitura su lucidi di Lorenzaccio, opera emblematica di Bussotti, datata 1972, ricca di bozzetti e costumi.
L’omaggio non è solo un tributo dovuto, ma anche un invito a rileggere la produzione di Bussotti alla luce della sua attualità. In particolare, il focus su Lorenzaccio – presentato in occasione del Pride Month – offre una chiave preziosa per riflettere su temi di identità, eros, corpo e resistenza, che attraversano tanto la biografia quanto l’arte di Bussotti.
Nel corso degli interventi, moderati con passione e competenza, si è sottolineata la forza di Bussotti come figura emblematica per la comunità LGBT e per chiunque abbia fatto della propria arte uno spazio di autenticità e rottura degli schemi. Nel panorama italiano degli anni ’60 e ’70, essere apertamente omosessuale e portare questa componente esistenziale nel cuore dell’opera d’arte non era affatto scontato. Bussotti – come ricordano gli ospiti Rocco Quaglia, Luca Ciammarughi e Luca Scarlini – ha saputo farlo senza mai cadere nella provocazione fine a sé stessa: “l’importante era la musica, tutto il resto veniva dopo”.
La dimensione sinestetica della sua produzione – tra partiture grafiche, azione scenica, danza, teatro – rende la sua arte un luogo dove suono, gesto e immagine si fondono, rompendo le frontiere tra le discipline. E, ancora oggi, la sua eredità parla ai contemporanei con una freschezza e una necessità che poche altre figure possono vantare.
L’iniziativa della Triennale è anche il segno di una collaborazione tra istituzioni che va oltre la semplice celebrazione: è un vero e proprio laboratorio di valorizzazione dei patrimoni, che punta a riconfigurare gli archivi come luoghi vivi, pronti a dialogare con le nuove generazioni e a offrire spunti sempre attuali.
Gli interventi, tra ricordi personali, riflessioni musicologiche e spunti autobiografici, hanno messo in luce anche la fatica e il coraggio che spesso accompagnano chi porta la propria identità in scena. Eppure, come ha ricordato Quaglia, “per Silvano la vita era la musica, e la musica era la sua vita”.
L’incontro si è chiuso con l’ascolto di una rara registrazione – una vera “sinfonia best of” – che ha permesso a tutti di entrare nell’universo sonoro di Lorenzaccio, sottolineando ancora una volta la potenza immersiva e visionaria di Bussotti.
POLI.RADIO era presente per documentare e raccontare un evento che è anche un invito: lasciarsi ispirare dall’arte che rischia tutto, che mescola i linguaggi, che mette in discussione le etichette. Un’arte, insomma, che sa ancora oggi essere “carnale”, viva, coraggiosa.
Un grazie a tutti coloro che rendono possibile riscoprire queste figure essenziali. Il viaggio nell’opera di Bussotti è solo all’inizio. E noi, come POLI.RADIO, siamo felici di raccontarlo, ascoltarlo, viverlo.
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Omaggio a Sylvano Bussotti. Una conversazione
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