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Il Crogiuolo
Una grottesca caccia alle streghe in sena al Piccolo Teatro Strehler
   06 Nov 2022   |     Redazione   |     Laura Casella   |     permalink   |      commenti
In coincidenza con il giorno dei morti, arriva al Piccolo Teatro Strehler, una rappresentazione a tratti grottesca e angosciante.

Si tratta de “Il Crogiuolo”, scritto da Arthur Miller nel 1952 ai tempi del maccartismo, quando la Commissione per le Attività Anti-Americane teneva sotto controllo artisti e intellettuali.
Per sottrarsi dall’accusa di oltraggio, infatti, molti si avvalevano dell’arma della delazione e così fece anche un fedele amico dell’autore, il regista cinematografico Elia Kazan, il quale, per salvare la propria carriera, nominò alcuni colleghi (tra cui Miller) come presunti filocomunisti.

Tradito, Arthur scelse di trasferirsi a Salem per raccontare del fenomeno della caccia alle streghe del 1692, un avvenimento storico usato come metafora per descrivere l’indignazione di quanto a lui accaduto.

Una metafora che non si sofferma solo su questi due episodi, essa infatti, viene riconosciuta come il ricalco di situazioni perfino attuali. Se ne accorge prima di altri il regista Filippo Dini che, affascinato dalla trama già da tempo, riesce finalmente a trovare i fondi per dirigere ed interpretare la storia, debuttando a Torino solo il mese scorso.

Il racconto viene narrato da Mr Danforth, vicegovernatore della città.
Dalla saggezza e consapevolezza della sua vecchiaia, l’uomo ripercorre eventi e fatti del processo di stregoneria del 1692 avvenuto nella piccola cittadina del Massachussets.

I personaggi coinvolti salgono sul palco in fermento e agitazione. La causa di questo caos è attribuita ad un particolare episodio nel quale un gruppo di giovani donne viene sorpreso di notte a danzare e cantare quasi come se stesse evocando degli spiriti o ancora peggio, il Demonio.

Accese discussioni e accuse reciproche si alternano a momenti di isteria, dove certi personaggi sembrano posseduti da Lucifero. L’impetuosità della successione delle scene, anima e cattura l’attenzione dello spettatore che, istintivamente, vorrebbe trovare la chiave del mistero, ma rimane confuso, sbalordito, sconcertato e intimorito di fronte alla realtà descritta.

La scenografia è composta principalmente da due muri angolari che, ruotando su loro stessi, definiscono ambienti diversi durante i quattro atti della rappresentazione. Il tono della recitazione rimane tragico nonostante il cambio di stile dei quattro momenti. I temi affrontati sono infatti quello della paura e della violenza.

Con questo racconto, Miller vuole esprimere l’inesattezza e la potenza del genere umano, dove chi ha più autorità esercita terrore per imporre il rispetto di certe regole, sfociando però nella contraddizione ed incoerenza: i valori identificati come capi saldi di una società, diventano gli stessi che la gettano nel caos e nella follia. Come dice una protagonista della storia (Elena Andreevna) infatti: “Ci estingueremo non per chissà quali disastri, ma per i nostri miseri litigi”

Con questo messaggio, Miller in primis, e di conseguenza il regista Dini, vogliono far riflettere il pubblico, su quanto certe dinamiche all’apparenza lontane, continuino a ripetersi anche in contesti diversi, mettendo così in discussione quello che è il senso di responsabilità sociale ed etico di ciascuno di noi.
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