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Barcellona non è (solo) un geyser
Michela vola in Spagna: guida di una viaggiatrice inesperta per turisti alle prime armi
   18 Mar 2016   |     Ripadvisor   |     Michela Turri   |     permalink   |      commenti
Ho finito di scrivere la tesi, più o meno. Apro la finestra pronta ad uscire dal letargo, e vengo accolta da una piacevole nevicata di marzo, che illumina il grigio della mia città; messaggio ricevuto: espatrio. In poco tempo prenoto, e la settimana successiva sono su un aereo diretta a Barcellona. Non ci sono mai stata, è una città famosa per i suoi colori, e in questo momento non cerco altro. È metà pomeriggio quando l’aereo si abbassa sulla città, non l’orario migliore per arrivare, ma ho dovuto fare i conti con il budget e con i voli economici di easyjet, ci si accontenta. Dall’alto ho un primo assaggio della città: il porto, le strade che si intersecano tra loro secondo una perfetta geometria, la Sagrada Familia, un dildo gigante… Scoprirò presto che si chiama torre Agbar, la cui forma non si ispira ad un volgare oggetto erotico, ma a un geyser (ah!) e che ovviamente la mia camera è lì vicino.

Già dall’arrivo capisco che qui nulla è come sembra: davanti all’uscita c’è il monumento di un grosso cavallo cicciotto, e sarà forse per l’intenso odore di Big Babol che si annusa per tutto l’aeroporto, ma la sensazione iniziale è una: il volo era talmente economico che prima di arrivare in Spagna ha fatto scalo ad Amsterdam.

Ovunque io sia, l’atmosfera è quella giusta, e senza perdermi d’animo mi dirigo verso il treno che mi porterà in città. Cari turisti ingenui come me, non fate biglietti singoli, non ne vale la pena e costano troppo: fate l’abbonamento t10, e con 10 euro avrete ben 10 viaggi! 10, 10, 10, ci siamo capiti. Cari turisti meno ingenui, se volete passare dalle porte scorrevoli in due con un biglietto, c’è il rischio che suonino. La Barcellona sotterranea e metropolitana ti accoglie subito come un luogo ampio e misterioso. Con vagoni cosi spaziosi che a confronto Trenord è un cestino dell’immondizia (che poi lo è anche senza confrontarlo), e con passaggi così intricati, che alla fine del percorso come minimo ti senti Indiana Jones, con la differenza che al posto di un teschio di cristallo, trovi topi, parecchi topi, e inizi a rimpiangere Trenord. Forse. Dopo aver colonizzato la nuova residenza, e aver sperimentato un simpatico spagninglitaliano col proprietario di casa, è ora di fare quello che ogni italiano farebbe: cercare un posto in cui mangiare, col cibo giusto, l’atmosfera giusta, insomma, un posto da barcellonesi imbruttiti. L’ho trovato? Certo che no, in compenso mi sono ritrovata in una taverna affollata, che da bere offriva tazze di vino strano e che quando il cibo ordinato era pronto chiamava il tuo nome al megafono, insomma, un posto in cui ti sentivi spagnolo anche se avevi appena passato mezz'ora ad osservare il menu in spagnolo nello stesso modo in cui Giurato guarderebbe un libro di grammatica italiana.

In tutto ciò, il primo impatto con la città... è strano. Ti aspetteresti un’atmosfera medievale e misteriosa — come ne L’ombra del vento di Zafón — e invece ti ritrovi in una metropoli moderna, con vie larghe e insegne luminose. Non ci sono tutti i colori che mi immaginavo, poi mi viene in mente che è notte e rimando le mie ricerche cromatiche al giorno dopo. Ed eccolo, il folklore che cercavo: il centro gotico! Strade e stradine che si sono fermate nel tempo un secolo fa, si intrecciano a partire dal corso Buenos Aires spagnolo: La Rambla. Passeggiando incontri il mercato fisso, che vende quantità industriali di frutta e frullati, che riescono a farti sentire una persona più sana solo guardandoli. Sicuramente gli spagnoli sono gente che al corpo ci tiene, visto che incontri in continuazione gente che corre, da soli o in compagnia, da mattina a notte fonda. Io nel frattempo sto facendo dieta a base di paella. La spagna è terra di gente caliente, e da un balcone, ogni giorno, una donna travestita da Marilyn Monroe, con un ventilatore acceso sotto la gonna, ti invita ad entrare nel museo erotico. Chiedendomi quanto possa essere pagata per svolazzare da un balcone, passo e vado avanti; ho ancora tanto da scoprire. Proseguendo tra palazzi vecchi e altri monumentali, diventati sede di hotel e banche (inquietante e un po’ blasfema la banca all’interno di quella che sembra una “ex” chiesa, con tanto di campanile), entro nel Palau de la Mùsica Catalana, e dopo una visita guidata in italiano, da uno spagnolo che non sa “esactamente” l’italiano, e altre esplorazioni, capisco chi è il prezzemolino di Barcellona, Gaudì, il cui genio sta dietro alla costruzione di talmente tante cose che le alternative sono due: o disegnava anche mentre dormiva, o è come Tupac, che continua a scrivere canzoni anche da morto.

Arriva infine sera, e ho solo un desiderio: lo spettacolo della fontana magica. Uno spettacolo che mi è stato raccomandato ancora prima di partire, imperdibile. Insomma: prendo la Metro, arrivo nella Plaça d'Espanya, trovo un punto strategico per osservare, mi siedo e aspetto. E aspetto.

E aspetto.

Solo in quel momento capisco nel profondo del mio essere cosa deve avere ispirato Buzzati, il giorno in cui decise di scrivere il Deserto dei Tartari: attendere invano lo spettacolo della fontana magica, che d’inverno non ha più gli orari estivi, e alle 20.30 è ormai troppo tardi. Intorno alle dieci me ne faccio una ragione.

Ho bisogno di riprendere fiducia nel mondo, ho bisogno di una nuova iniezione di vita, e questa arriva con la gita a Parc Güell, l'opera di Gaudì stupendamente colorata e felice. Meno felice saresti arrivandoci con la Metro, che è ai piedi della collina su cui si trova il parco: se non vuoi sudare sette camicie, prendi il pullman, che ti porta fino in cima (prego).

In tutto questo, dopo 4 giorni passati troppo velocemente (ma meglio così, la vita lì non è proprio a basso costo), torno a casa con tanti nuovi insegnamenti, tra cui: tapas non è un piatto tipico, ma vari tipi di stuzzichini. Le Metro non sono così vicine come sembrano e ogni bar avrà sempre il mojito mejor di Barcellona. Dovrò assolutamente tornare, magari d’estate.

Nel frattempo, ne parlo a Rip Advisor.
barcellona, spagna, viaggi