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INNER_SPACES #2 | Percezioni Ultrasensoriali
Filosofia e meditazione in musica: le interviste a Francisco López e Otolab
   25 Feb 2016   |     Redazione   |     Alessandra Stefanini   |     permalink   |      commenti
Lunedì scorso si è tenuto il secondo appuntamento di INNER_SPACES, dopo il successo dell’evento inaugurale del mese scorso, sempre presso l'Auditorium San Fedele.

La serata, divisa in due parti, ha reso ancora una volta protagonista l’Acusmonium Sator grazie al progetto musicale Untitled di Francisco López — appositamente concepito per la sua nuova configurazione a 45 altoparlanti — e ad un'anteprima assoluta del collettivo milanese Otolab: sYn, una ricerca nel campo della percezione ultrasensoriale.

Francisco López è una delle più autorevoli figure del panorama musicale sperimentale contemporaneo, un vero e proprio artista che, creando "tele di suoni", offre un’esperienza sensoriale unica e appassiona tipologie di pubblico più diverse, dagli esperti d'arte contemporanea agli assidui frequentatori di festival musicali. Le sue esibizioni generano iperspazi sonori immaginari e nella performance live di lunedì si sono succedute sonorità frutto di un lungo e laborioso tentativo di raggiungere la terra di mezzo fra silenzio e suono. Ci siamo fatti rivelare dallo stesso López qualche dettaglio in più sulla sua poetica.

Come si è avvicinato alla musica elettronica sperimentale?

Ho iniziato come fanno tutti i musicisti: ero attratto dalla musica, forse meglio dire dal suono nel mio caso, che è il mio strumento. Non produco musica elettronica propriamente detta, nel senso che non compongo con suoni sintetizzati artificialmente, ma comunque faccio moltissimo lavoro di studio per processare le registrazioni dei suoni che colgo dal mondo, comporle tra loro, mixarle. Non mi interessa rappresentare la realtà o creare suggestioni di un luogo in chi mi ascolta, io sono un compositore ma non uso strumenti.

Se le composizioni non rappresentano il mondo reale, invitano a creare mondi paralleli?

Sì, degli altri mondi che vengono generati da quello reale, ma allo stesso tempo che vorrei fossero autosufficienti.
La vera domanda non è però se esista o meno una connessione tra questi e la realtà, ma in che modo venga stabilita: mi interessa comprendere profondamente questi tentativi di comunicazione. Il mio approccio è simile all’ontologia, che in filosofia è ciò che indaga cos’è qualcosa in quanto è, solo che io lo faccio attraverso la musica, che ritengo permetta una particolare profondità di ricerca.

Perché ha scelto di invitare liberamente il pubblico a bendarsi durante la performance?

La benda è un modo per ottenere un “buio individuale”: prima di tutto, se non vedi ascolti meglio e questo vale soprattutto per gli esseri umani, i cui altri sensi rendono difettosa la percezione sonora; è un esempio di ciò che dico la stessa radio, che è il media “cieco” per eccellenza. Inoltre ho scoperto qualcosa che non era pianificato: quando metti più individui in una situazione di cecità accettata volontariamente, si crea una sorta di comunità, un grande gioco che muta l’ascolto: se sai di essere una persona bendata in mezzo ad altre persone bendate, le tue percezioni cambiano in una sorta di esperienza simile all’eccitazione collettiva durante un qualsiasi concerto. E’ una cosa molto facile da realizzare tecnicamente, ma il suo risultato è potente.

La performance di questa sera è stata pensata per il sistema dell’Acusmonium? Quanto tempo ha impiegato la sua creazione?

L’ho composta il giorno prima. Quando vado in un luogo, porto con me alcune combinazioni di suoni, molto elastica in realtà, che posso poi trasformare, cambiare, remixare. Vado sul posto del concerto molto prima del soundcheck con una “pre-composizione”, poi in base alla combinazione tra suoni e luogo, scelgo ciò che secondo me è più adatto e che penso funzioni meglio. Credo che portare una composizione nata per un concerto in un posto differente sia fallimentare, mi piace essere molto site-specific.

Nella seconda parte della serata spazio al collettivo Otolab, formato da compositori, musicisti, videoartisti e videomaker, nonché web designer, grafici e pittori che si occupano di sperimentazione nell'ambito dell'arte digitale e della musica elettronica.

sYn, progetto che mira a rappresentare allegoricamente un percorso ispirato alla meditazione trascendentale, è un lavoro di profonda indagine interiore dai livelli più superficiali a quelli più viscerali e profondi, fino a superare lo stato di ordinaria percezione e raggiungere una dimensione di elevata consapevolezza.

I visual hanno preso ispirazione e forma attraverso fotogrammi e scatti fotografici realizzati in ambienti naturali, in combinazione a suoni dalle frequenze ultra basse.

Di seguito, l'audio intervista a Massimiliano Viel di Otolab, per comprendere al meglio la performance.

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