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L'antico Egitto arriva a Milano
Spoiler alert: le nostre prossime Instagram Stories saranno al MUDEC
   21 Set 2017   |     Redazione   |     Chiara Papèra   |     permalink   |      commenti
Dal 13 settembre al 7 gennaio il MUDEC ospiterà la mostra “EGITTO: La straordinaria scoperta del Faraone Amenofi II” e lo scorso 12 settembre noi di Poli.Radio siamo stati alla presentazione per capire meglio di cosa si trattasse.

La mostra si propone l'intento di raccontare al pubblico una doppia riscoperta: quella della figura storica di Amenofi II, infatti questa al MUDEC sarà la prima mostra monografica sul faraone al mondo, ma anche la riscoperta archeologica del ritrovamento nella valle del re della tomba del faraone. Abbiamo parlato con i curatori Christian Orsenigo e Patrizia Piacentini per farci raccontare come si è svolto l'allestimento.

È stato difficile trovare un punto d’accordo tra voi ed i prestatori privati e pubblici (sono presenti reperti provenienti da Museo Egizio del Cairo, il Rijksmuseum van Oudheden di Leida, il Kunsthistorisches Museum di Vienna e il Museo Archeologico Nazionale di Firenze ed altri), essendo anche la prima mostra riguardo Amenofi II?

Prof. Orsenigo: Un po’ come tutte le scoperte, ci sono gli applausi ma anche tanti detrattori! Scoprire che dopo 100 anni, i documenti relativi alla Valle dei Re, uno dei siti più importanti che ci abbia restituito l’antico Egitto, sembrava fossero scomparsi o addirittura mai esistiti e invece li abbiamo potuti toccare con mano, ha portato tanti complimenti e allo stesso tempo un po’ di invidia da tanti colleghi (soprattutto francesi, visto che l’archivio è francese). A livello di prestatori, è stato difficile e complicato quanto è giusto che sia. Prima di procedere con un prestito dobbiamo assicurarci di avere tutta una serie di garanzie, sia della validità del progetto scientifico, sia della sicurezza di un allestimento, e lo stesso sono paure estremamente comprensibili da parte di grandi collezionisti privati, che abbiamo avuto la fortuna di avere. Ovviamente quindi, vista l’importanza dei manufatti e dei prestatori, le cose sono state un po’ complesse.

Prof.ssa Piacentini: Negli anni siamo riusciti a costruire una rete di rapporti e di conoscenze che ci ha facilitato molto, soprattutto col museo de Il Cairo perché quella era la cosa più difficile: far venire pezzi dal Cairo è sempre molto complicato, anche dal punto di vista pratico ed organizzativo, ma dopo lunghe discussioni e trattative ci siamo riusciti. Ci sono pezzi “facili” come dal museo di Firenze, dal museo di Leida, da Vienna, insomma è una rete che si basa sulla fiducia e anche sulla fortuna in questi casi e soprattutto deve piacere il progetto ai direttori dei musei. È stato lungo, ma non difficile, anzi è stato molto bello.

Come è nata l'idea per questo percorso e come siete riusciti a rendere coerente la prima mostra su di un ambito così ricco di reperti?

Prof. Orsenigo: La ricerca è nata quasi per caso. Nel 2002 l’Università degli Studi di Milano ha acquisito gli archivi dell’egittologo discepolo di Victor Loret, dentro i quali è stato ritrovato il suo materiale. Noi non sapevamo, al momento dell’acquisto, che questa ricca documentazione fosse all’interno degli archivi, perché si pensava che fossero andati totalmente perduti o che addirittura non fossero mai esistiti.

Prof.ssa Piacentini: Dal diario degli scavi di Loret, formato da 72 pagine, da tantissime foto e così via, sono state scelte sole certe cose. Ad esempio di tutta la tomba, alcune zone erano meno interessanti di altre, noi abbiamo messo in luce il ritrovamento delle mummie, degli oggetti importanti come quelli che abbiamo fatto arrivare dal Cairo. Per quanto riguarda il materiale di Milano, la scelta è stata scientifica, ovvero far vedere le cose più importanti che possono anche interessare al pubblico: abbiamo esposto per esempio foto rarissime di fine ‘800. Per le statue e le stele dell’epoca di Amenofi II sono stata molto attenta al discorso conservativo e museologico, cioè non ci sono oggetti da musei molto vicini perché uno prende un treno e li va a vedere: non si fa soffrire, non si stressa in termine tecnico, un oggetto antico per trasportarlo quando è visibile in località vicine. Abbiamo però preso oggetti del Museo Archeologico di Milano che è in restauro, quindi pezzi che sarebbero rimasti in magazzino, dunque tanto vale tirarli fuori e farli vedere, è importante per il pubblico.

Per concludere, qual è la motivazione didattica di questa mostra, oltre ovviamente quella di parlare della scoperta della tomba di Amenofi II? È anacronistico affiancare la storia egizia a quella odierna?

Prof. Orsenigo: Io credo, come la professoressa Piacentini, che ci siano delle situazioni molto complicate e molto delicate, soprattutto quando si parla di Paesi come l’Egitto. Crediamo che la cultura possa essere veramente un ponte, che in un certo senso faccia andare al di là di quelli che sono i puri interessi economici e politici e che entrano a far parte di un gioco difficile di rapporti tra Paesi. Qui si è voluta dare molta importanza al fatto che la cultura riguarda tutti: in Egitto noi collaboriamo con gli egiziani, che prestano i loro pezzi e credono in una collaborazione con l’Europa. A loro noi dobbiamo moltissimo.



Chiara Papèra
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